LA SECONDA SORTITA DA SIENA DI PIERO STROZZI

“Il 17 luglio 1554 Piero Strozzi decideva di lasciare Siena per tentare una manovra di alleggerimento verso la Val di Chiana, al fine di impegnare ancora una volta il nemico con la sua collaudata strategia di movimento. La difesa di Siena era seriamente compromessa a causa della critica situazione alimentare e solo una vittoria decisiva in campo aperto avrebbe potuto consentire la rottura del blocco. Piero Strozzi ripeteva su maggiore scala la strategia seguita 24 anni prima da Francesco Ferrucci quando questi, alla testa di pochi uomini, era riuscito a conquistare Volterra stornando le forze imperiali dall’assedio di Firenze. Anche stavolta comunque le forze imperiali avevano, oltre il favore del numero, l’innegabile vantaggio di poter manovrare per linee interne.
Alla difesa di Siena restava Blaise de Montluc con 2.000 fanti e 100 cavalli. L’uscita da Siena dell’esercito franco-senese fu come una grande parata fuori dalla porta a Ovile: Piero Strozzi conduceva con se, bandiere al vento, un migliaio di cavalli e qualcosa come 14.000 uomini, seguiti da 5 cannoni, 10 carri di palle e 10 carri di polvere, 7 some di scale, molti altri muli carichi di zappe e pale e 4 compagnie di guastatori. Era una forza militare considerevole che lo Strozzi intendeva portare rapidamente verso la Val di Chiana con l’intento principale di fare bottino e rifornimento di granaglie per sfamare la città assediata. La marcia delle truppe seguì la strada che da Siena porta verso Asciano, parte delle truppe procedette invece per la via di Rapolano, in direzione della Chiana fiorentina.”

Durante la marcia l’esercito franco-senese attraversò tutta una serie di borghi e luoghi forti scarsamente presidiati dai medicei: Poggio Santa Cecilia, le Serre di Rapolano e Pozzuolo furono conquistati senza fatica. La resistenza opposta dalle sparute guarnigioni fu quasi nulla e anche il soccorso di un centinaio di archibugieri medicei, spediti in soccorso da Arezzo sulla via di Monte San Savino furono fermati a Ciggiano dai Francesi. In breve l’esercito franco-senese fu sotto Lucignano e il giovedì 19 luglio Piero Strozzi muoveva da Lucignano verso Alberoro e Tegoleto, in direzione di Arezzo, sempre devastando la campagna, mentre alcuni dei suoi reparti avanzati ingaggiavano combattimento contro Marciano e occupavano Monte San Savino. La sortita stava avendo successo: un forte esercito stava avanzando depredando le campagne in pieno dominio mediceo, suscitando lo sdegno e la rabbia di Cosimo dei Medici che da Firenze tempestava di corrieri il Marignano, sollecitandolo a muoversi e ad agire contro una scorreria che pareva crescere ogni giorno più minacciosa.

Il venerdì 20 di luglio Piero Strozzi era davanti alle porte di Arezzo con un’avanguardia di 400 cavalli e 200 archibugieri; verso le undici del mattino i senesi attaccavano il ponte Murato sulla Chiana, peraltro quasi asciutta a causa della siccità che imperversava quell’estate. Il ponte era presidiato da 25 archibugieri che si difesero gagliardamente per un paio d’ore fino all’esaurimento delle munizioni. Arezzo era difesa da una vecchia conoscenza di Piero Strozzi: Girolamo Accorsi detto il Bombaglino, un capitano aretino che nel 1537, dopo la battaglia di Montemurlo, aveva preso prigioniero il vecchio Filippo Strozzi, padre di Piero; alla difesa di Arezzo con il Bombaglino era il capitano Ventura da Castello e una piccola guarnigione di 200 fanti e pochi altri uomini a cavallo. Verso l’una del pomeriggio soldati francesi apparvero davanti a porta Santo Spirito, parte venivano da Maccagnolo altri scendevano giù dalla collina del Duomo Vecchio. Fuori della porta si accese un breve combattimento tra i francesi e i difensori nel quale cadde ferito Clemente della Cervara, ma dalla strada di Cortona stava arrivando una colonna di rinforzo condotta da Camillo Colonna, circa 3.000 soldati reclutati di fresco nella zona di Roma, soldati poco efficienti che avevano alla loro testa un uomo talmente sofferente di gotta da dover essere trasportato in portantina; nonostante l’aiuto arrivato ai difensori di Arezzo apparisse così vago pure il numero degli uomini fu sufficiente a rianimare i difensori. Al tramonto i Francesi si ritiravano per accamparsi a Tegoleto, poco oltre Pieve al Toppo.

Il giorno seguente, sabato 21 luglio 1554, Piero Strozzi lanciò scorrerie verso Laterina e Castel Fiorentino e, allo stesso tempo, ordinava ai suoi di assaltare Marciano della Chiana, difesa da Lattanzio Pichi dal Borgo con 30 soldati medicei e, naturalmente, dagli abitanti. Nonostante il presidio tentasse qualche resistenza il paese fu conquistato dei senesi e saccheggiato. Piero Strozzi, per assicurarsi un punto forte, lasciò nel castello di Marciano una guarnigione di 12 compagnie di Senesi e fuorusciti fiorentini al comando dei capitani Niccolò Forteguerri, Marcello Palmieri e Mario Sforza. Un piccolo distaccamento salì ad occupare il castello di Oliveto che sorge nel luogo dove si erano accampati i franco-senesi, le piane giacenti fra Tegoleto, Alberoro e Battifolle, nella vasta piana antistante Arezzo. L’intento dello Strozzi era di consolidare la presa sul territorio conquistato e di approfittare della situazione per cercare di fare quanto più bottino fosse possibile, battendo le campagne in cerca di viveri; a questo scopo il 22 luglio, domenica, Piero Strozzi concesse a 25 uomini per compagnia di saccheggiare i dintorni. Circa 3.000 uomini si lanciarono in scorrerie nei dintorni: un forte contingente di soldati svizzeri dei Grigioni fu mandato a Lucignano per requisire il grano che vi avessero potuto trovare.

Se la sortita da Siena e la conseguente marcia fino alle porte di Arezzo di Piero Strozzi non aveva incontrato grossa resistenza si doveva agli indugi nel campo fiorentino-spagnolo; ma all’alba di domenica 22 luglio le truppe comandate dal Marignano cominciarono a lasciare i campi trincerati intorno a Siena per muoversi lentamente verso ponte a Bozzone e arrivare il lunedì successivo, 23 luglio, a San Gusmè, località posta tra Castelnuovo Berardenga e Brolio. A San Gusmè il Marignano si congiunse con Juan Manrique che portava al grosso dell’esercito 2.000 fanti e 200 cavalieri, oltre a Marcantonio Colonna a capo di 50 uomini d’arme. L’esercito del Marignano contava ora circa 15.000 fanti, 1.000 cavalleggeri e 300 uomini d’arme; una massa d’urto notevole che avrebbe permesso di affrontare in battaglia lo Strozzi con buone probabilità di successo. Rispetto alla velocità impressa dallo Strozzi ai suoi la marcia dei fiorentino-spagnoli era lenta, probabilmente circospetta in quanto si trattava di avanzare verso zone occupate dal nemico dove, soprattutto, erano da temere le iniziative improvvise del comandante nemico; Piero Strozzi tuttavia aveva il suo da fare nel mantenere la calma tra i propri uomini se nello stesso giorno di lunedì, nel campo franco-senese,scoppiò una rissa furibonda tra soldati di fanteria e cavalleria italiana contro alcuni fanti stranieri, rissa che causò la morte di svariati soldati.Nonostante questi accidenti disciplinari al campo lo Strozzi proseguiva imperterrito nella sua opera di rafforzamento delle posizioni, dette infatti ordine di muovere contro Civitella 2 cannoni, reparti di fanteria franco-senese e 200 cavalli comandati dai due fratelli Mario Sforza di Santa Fiora e Carlo Sforza. Il martedì 24 lo Strozzi intimava anche la resa a Castiglion Fiorentino, vari erano infatti i luoghi forti dell’Aretino ancora tenuti dai fiorentino-imperiali: Anghiari difesa dal conte di Montedoglio, San Sepolcro da Brizio della Pieve, Civitella da Paolo da Castello.Le avanguardie del Marignano, provenienti da San Gusmè erano però già in vista di Civitella, 50 archibugieri stavano avanzando a dar man forte a Paolo da Castello e le truppe franco-senesi dei due fratelli Sforza si ritrovarono, nei pressi di Badia al Pino, a circondare un reparto di cavalleria leggera fiorentino-spagnola; qui ebbe luogo una scaramuccia dove i due Sforza rimasero prigionieri dei cavalleggeri medicei.

“Civitella era salva e nella notte tra il 24 e il 25 luglio il grosso delle forze del Marignano sostava nei pressi dell’antico castello del vescovo di Arezzo.
La situazione tattica di Piero Strozzi cominciava a complicarsi, si stava ripetendo quanto era successo solo un mese prima nel Valdarno pisano: il Marignano tallonava Piero Strozzi con un forte esercito e al comandante dei franco-senesi non restava altro che tentare di disimpegnare le proprie forze cercando di evitare la battaglia campale che avrebbe potuto avere esito disastroso. Il 25 luglio, mercoledì, Piero Strozzi spostava il suo quartier generale ad Alberoro e ordinava al suo esercito sparso tra il Ponte sulla Chiana, Tegoleto e dintorni di avanzare tra Monte San Savino e Lucignano, lasciando 13 compagnie di presidio a Marciano.

Il Marignano vedeva che Piero Strozzi stava muovendosi lungo la Chiana verso sud, tenendosi però saldamente attestato sulle colline a occidente della vallata; il comandante milanese decise quindi di accamparsi ad Oliveto, poco oltre Civitella, in attesa degli sviluppi della situazione. Allo Strozzi, per consolidare la propria posizione verso sud, restava da conquistare Foiano della Chiana, presidiata validamente dal trentaduenne Carlotto Orsini; il giovedì 26 luglio Aurelio Fregoso era già intorno a Foiano con 13 insegne di fanteria italiana e 200 cavalli e il giorno seguente anche Piero Strozzi si recava personalmente sotto le mura di Foiano con due cannoni “rinforzati”, due sagri e un altro cannone catturato nei combattimenti davanti Arezzo. Il 27 luglio, verso le 10 del mattino, iniziava il bombardamento di Foiano: i pezzi messi in batteria spararono circa 150 colpi fino alle 11 di notte, dopo una decina d’ore di bombardamento le palle avevano aperto nelle mura di Foiano una breccia lunga 50 braccia, circa 25 metri, nella cortina muraria che guarda verso Lucignano. La mattina dopo le fanterie francesi e italiane guidate dallo stesso Strozzi si lanciavano all’assalto di Foiano passando per la breccia aperta dalle artiglierie, in breve tempo Foiano si riempì di soldati che mossero contro la rocca e la torre della chiesa dove si era asserragliato Carlotto Orsini insieme a una cinquantina di archibugieri per l’ultima difesa. Le fanterie franco-senesi si erano già date al saccheggio della terra, facendo scempio della popolazione, alla fine cadde anche Carlotto Orsini trucidato da fanti Tedeschi ma la resistenza di Foiano fu strenua poiché i superstiti riuscirono a dar fuoco alle polveri conservate nella polveriera che saltò in aria, causando la morte di Scipione Ballati e di 50 soldati Francesi. La conquista di Foiano assicurò ai franco-senesi la preda di 10.000 sacche di grano nuovo, frutto dell’ultimo raccolto, che vennero subito spedite con scorta francese e immagazzinate a Lucignano come luogo più sicuro e vicino alla strada di Siena.

Alla vista del fumo e delle fiamme che si levavano da Foiano conquistata, il Marignano si decise finalmente a lasciare il campo di Oliveto per avvicinare l’esercito alle truppe nemiche che stavano imperversando ai danni della Val di Chiana; Marciano era però sempre presidiata dalle compagnie di fanteria senese lasciatevi pochi giorni prima. Il giorno seguente, domenica 29 luglio 1554, Piero Strozzi ordinò dapprima al conte Collatino di Collato di recarsi a Marciano come avanguardia per rinvigorire la resistenza della piazza, quindi, verso le 9 del mattino, il grosso dell’esercito franco-senese cominciò a giungere a Marciano. L’ordine di marcia dei franco-senesi era stato ordinato in tre grosse formazioni: nella prima era compreso il grosso della cavalleria comandata dal conte della Mirandola, insieme a soldati senesi e 2.000 archibugieri francesi con i capitani Fourquevaulx e Lansac; nella seconda formazione avanzavano fanti senesi e i soldati tedeschi di Reckenrot; nella terza ancora senesi e i Grigioni del Valleron.

Sotto Marciano le avanguardie dei due eserciti cominciarono a ingaggiarsi in sparatorie e combattimenti: il Marignano nell’intento di conquistare la piazza, Piero Strozzi fermo nel proposito di difenderla; un attacco delle truppe Francesi fu respinto dai fiorentino-spagnoli con la perdita di circa 500 uomini. Il combattimento di Marciano durò fino al tramonto per cessare con la prima oscurità, nel frattempo i due eserciti, ormai a contatto, cercarono di accamparsi sulle colline: Piero Strozzi fece sistemare i suoi sulle cime delle colline che da Marciano digradano verso la Chiana mentre il marchese di Marignano sistemò le sue truppe sulle colline di fronte, poste a nord del paese, a un tiro di schioppo dal nemico”.

Begin typing your search above and press return to search.