IL MARIGNANO E LA CAMPAGNA PER LA CONQUISTA DI SIENA

“La battaglia di Marciano-Scannagallo, fu l’episodio culmine di una movimentata campagna militare, manovrata e combattuta, nella quale il grande capitano fiorentino Piero Strozzi cercò disperatamente di rompere il blocco dell’esercito mediceo-imperiale che assediava Siena.
Per leggere con un minimo di chiarezza lo scontro campale nel quale la Repubblica di Siena e gli oppositori di Cosimo dei Medici si giocarono le sorti stesse della guerra, occorre dunque cercare di analizzare la campagna condotta dallo Strozzi nei mesi precedenti attraverso mezza Toscana. La nostra rassegna, dato lo spazio concesso in questa sede, sarà perciò breve e compendiata al massimo, al fine di delineare con sufficiente chiarezza i principali antefatti che portarono, in quel nefasto 2 di agosto del 1554, l’esercito franco-senese comandato da Piero Strozzi ad accettare battaglia con l’esercito fiorentino-imperiale guidato da Gian Giacomo dei Medici, marchese di Marignano. Nel gennaio del 1554 Piero Strozzi aveva assunto il comando della difesa di Siena mentre, sul fronte opposto, Gian Giacomo dei Medici, marchese di Marignano, si stava portando da Firenze a Poggibonsi per guidare la campagna intrapresa dal duca di Firenze per assoggettare definitivamente la città e lo stato di Siena.

Per cercare di aver ragione in breve tempo della repubblica di Siena, il Marignano aveva concepito un piano di attacco abbastanza complesso ma in teoria efficace: si trattava cioè di attaccare il territorio dello stato senese da tre direzioni per isolare Siena e,a questo proposito, l’esercito mediceo-imperiale era stato diviso in tre corpi.Il primo corpo dell’esercito, assegnato al conte Federico Barbolani di Montauto, era costituito da circa 800 buoni soldati di fanteria stanziati a Pisa; costoro dovevano imbarcarsi a Livorno, navigare fino all’Elba scortati da una squadra di galere, fare a scalo a Portoferraio dove si sarebbero uniti alla locale guarnigione che avrebbe provveduto a imbarcare materiale da assedio e artiglieria. Il conte di Montauto avrebbe quindi preso terra con questa gente alla foce dell’Ombrone per agire contro Grosseto e Castiglione della Pescaia. In parallelo con questa azione di sbarco, un secondo contingente formato dalle Bande raccolte nel territorio di Campiglia avrebbe dovuto marciare dalla costa verso le colline e conquistare Massa Marittima.Il secondo corpo dell’esercito venne affidato al comando di Rodolfo Baglioni, come il primo era composta da un’aliquota di 600 fanti assoldati, acquartierati a Montepulciano, integrati da 2.400 uomini levati sul territorio e inquadrati nelle Bande ducali.”

Questa forza avrebbe marciato dalla Valdichiana cercando di conquistare prima Chiusi e poi, inoltrandosi verso il territorio senese, prendere Pienza e Montalcino.L’azione del corpo comandato da Rodolfo Baglioni si sarebbe conclusa congiungendosi alle restanti forze del terzo corpo. A Poggibonsi si concentrava infatti il grosso dell’esercito, destinato a investire frontalmente Siena: 4.500 soldati di fanteria, seguiti da almeno 20 cannoni e 1.200 fanti armati di vanghe e zappe, addetti alle opere di trinceramento e approccio alle mura di Siena; come per i primi due corpi anche quest’ultimo doveva essere accompagnato dalle Bande, levate stavolta dalla Valdelsa e dal Volterrano, con il compito di dare il guasto alle campagne della repubblica di Siena per fiaccare la resistenza della città assediata.

L’integrazione dei pochi soldati professionisti con un gran numero di contadini inquadrati nelle Bande, faceva sì che la maggioranza dell’esercito mediceo-imperiale fosse composta di soldati improvvisati, contadini armati alla meglio e inquadrati nelle Bande da pochi soldati esperti e notabili di provata fede medicea.

Commissario generale dell’esercito fu nominato Girolamo degli Albizi e a questa figura di ufficiale, importantissima, spettava il compito di garantire l’approvvigionamento di tutto l’esercito; non era impresa da poco rifornire di vettovaglie così tanta gente ma, come vedremo meglio, durante la campagna estiva che culminò nella battaglia di Marciano-Scannagallo, il compito nel campo mediceo-imperiale fu assolto egregiamente, a differenza di quanto accadde nel campo di Piero Strozzi, le cui truppe ebbero a patire la scarsità di rifornimenti alimentari. Iniziata la marcia da Poggibonsi, in breve l’esercito mediceo-imperiale fu davanti a Porta Camollia che, la notte del 26 Gennaio, sotto gli scrosci d’acqua di un violento temporale, fu assaltata dalle fanterie medicee al lume incerto dei fanali, portati dai soldati su lunghe pertiche.

La mischia fu violenta ma i medicei riuscirono solo a conquistare il bastione di Santa Petronilla; gli uomini del Marignano tentarono quindi di entrare in città ma la resistenza senese, pur disorganizzata, riuscì a fermare con una sortita di 300 archibugieri a Porta Camollìa le truppe medicee. Fallito sostanzialmente il primo assalto il Marignano dette ordine di iniziare le operazioni di assedio contro Siena; cominciò così il blocco della città, parziale in quanto il Marignano disponeva di un esercito scarso, insufficiente a circondare completamente Siena. Gli altri due corpi nei quali era stato diviso l’esercito non ottennero risultati di rilievo: Rodolfo Baglioni dalla Val di Chiana aveva tentato di conquistare invano Pienza e si era ricongiunto al grosso dell’esercito nel campo di Santa Petronilla, molestato da una sortita di archibugieri senesi.

Federico di Montauto, sbarcato sulla costa in condizioni critiche a causa di una tempesta, fallì l’espugnazione di Grosseto mentre navi francesi battevano il canale di Piombino conducendo una efficace guerra corsara.

“il Montauto cercò pertanto di ricongiungersi presto a Siena con il grosso dell’esercito guidato dal Marignano mentre bande fiorentine agli ordini del colonnello Lucantonio Coppi, detto Cuppano, antico soldato delle Bande Nere, continuavano a molestare le maremme impegnando i franco-senesi intorno all’importante piazzaforte di Piombino. Nel frattempo Cosimo I, in attesa dell’arrivo dei rinforzi imperiali, si adoperava per ingrossare le fila del suo esercito, assoldando Ascanio della Cornia con 6.000 fanti e 300 cavalli.

Tra Febbraio e Marzo di quell’anno 1554 i comandanti dei due eserciti contrapposti ordinarono ai loro capitani di condurre azioni di guerriglia, condotte peraltro con ferocia dalle genti del Marignano. Sul fronte della Valdichiana, già nel marzo, Rodolfo Baglioni e Ascanio della Cornia, partiti da Montepulciano con 3.000 fanti e 400 lance, occupata Torrita, si erano accampati al ponte a Valiano. Da qui si erano lanciati in scorrerie per le campagne, toccando Lucignano che però era fortificata e presidiata da fanterie senesi. La sola resistenza di un borgo fortificato vanificava il piano programmata dal Marignano che avrebbe avuto bisogno, per essere attuato, di reparti molto più addestrati e meglio collegati di quelli che si trovava a comandare.

Il 23 Marzo del 1554, le truppe medicee operanti in Val di Chiana tentarono di entrare in Chiusi dopo aver trattato con Santuccio da Pistoia, capitano della piazza; l’accordo prevedeva che Ascanio della Cornia e Rodolfo Baglioni sarebbero entrati in città con soli 600 fanti e pochi cavalli attraverso una porta aperta. Il sagace Santuccio da Pistoia circondò però i medicei mentre, fiduciosi, erano in fase di avvicinamento, l’imboscata ebbe pieno successo e nella mischia i senesi riuscirono ad uccidere Rodolfo Baglioni e almeno 400 soldati, Ascanio della Cornia fu ferito e catturato insieme al resto dei soldati medicei. L’insuccesso per i medicei fu bruciante: un intero corpo dei tre in cui era diviso l’esercito era stato quasi annientato dal nemico, tuttavia Ascanio della Cornia venne presto sostituito sul teatro di operazioni in Valdichiana da Vincenzo de’ Nobili che seguitò la guerriglia ai danni delle comunicazioni e vie di rifornimento senesi”.

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